di Angela Di Giorno
Quale valore ha la cultura oggi? Cosa significa insegnare? Qual è il compito dell’istruzione? In un post precedente, avevo già segnalato il rischio che le nuove generazioni risentano di una scuola maltrattata, penalizzata, sempre più svilita da discutibili tagli, priva di stimoli sia per gli alunni che per i docenti.
Qualche settimana dopo aver sostenuto la prova di preselezione del TFA per le classi di insegnamento A345 e A346 (Lingua e cultura inglese per le medie e superiori) mi ritrovo a chiedermi se è più importante sapere da quanti libri è composto il Tom Jones di Fielding (quesito n°36 nel test) piuttosto che conoscerne la storia e i personaggi. Ossia, ponendo la domanda da un altro punto di vista, un futuro insegnante deve essere un database di date e numeri oppure deve conoscere quanto serve ad appassionare i propri alunni allo studio e alla lettura?
La lettura e lo studio sono esperienze profonde che coinvolgono la mente e lo spirito. Questa è la ragione per cui leggere e studiare arricchiscono e valorizzano, moltiplicano i punti di vista e stimolano lo spirito critico, innescano il ragionamento e affinano la sensibilità.
Dopo aver letto un romanzo o un libro in genere trovo entusiasmante poter riflettere sulla storia, sui personaggi, sullo stile, sull’impressione che mi ha fatto in base al mio gusto personale. Nell’approfondire lo studio di un testo ritengo essenziale documentarmi sulle implicazioni storiche o filosofiche, sull’importanza dell’opera, analizzare l’intenzione autoriale, l’universalità o l’unicità dei temi affrontati, la simbologia usata ecc…
Mi ha lasciata perplessa il criterio secondo cui è stato strutturato il test, il quale sembra assimilare la figura dell’aspirante insegnante ad un pozzo di fangoso nozionismo. E ho utilizzato il termine “fangoso” perché rende bene l’idea di come si prospetta il percorso di reclutamento dei migliaia di candidati tirocinanti che hanno sostenuto nel mese di luglio le prove preselettive.
Il sistema, lo sapevamo già, è macchinoso e controverso. Un vero e proprio percorso ad ostacoli per testare pazienza e resistenza, ma che richiede anche coraggio nell’affrontare l’ignoto e una sorta di lucida follia nel volerci credere. Le condizioni poste dal Miur hanno scoraggiato tanti. Non solo per il numero di prove (preselezione, prova scritta e prova orale), ma anche perché, oltre alla tassa di iscrizione di 100 euro già pagata da tutti i partecipanti, chi sarà ammesso dovrà versare un’altra tassa di 2200 euro per iniziare effettivamente il TFA. Molti sono inoltre i dubbi riguardanti lo svolgimento del tirocinio. Nessuno sa ancora di preciso in cosa consisterà e, soprattutto, quale sarà la sua validità e secondo quali altre diaboliche modalità potrà essere esercitata.
Da metà luglio abbiamo potuto apprendere che gli esiti delle preselezioni sostenute per prime si sono rivelati bollettini di guerra. Innanzitutto, sono stati riscontrati errori, refusi e inesattezze nelle domande di molte classi di concorso. In molti casi i candidati idonei erano risultati in numero inferiore ai posti disponibili su base regionale: a Pisa ad esempio nella classe A036 (Filosofia per gli istituti magistrali) avevano superato la prova 6 candidati a fronte dei 25 posti previsti, nella classe A246 (Francese nei licei) 8 su 25.
Chi come me ha sostenuto la prova di Inglese il 31 luglio (l’ultima prevista nel calendario) si è presentato con uno stato d’animo già provato da tutte queste notizie. A Pisa, le operazioni di riconoscimento e disposizione nelle aule si sono svolte in maniera ordinata nonostante il numero elevato di candidati (531, il più elevato tra tutte le classi di concorso). I responsabili di aula e la Commissione hanno svolto le procedure in maniera rigorosa. Una evidente inesattezza a livello nazionale è stata l’errore di stampa della domanda n°7 (riguardante la pronuncia della “o” nella parola shopping), nella quale non comparivano tre delle quattro opzioni di risposta. Come successo per errori simili in altre classi di concorso, il Miur ha abbonato la domanda a tutti. Una nota tristemente significativa è stata l’età media abbastanza alta. A dimostrazione che persone di oltre 40 anni, con magari alle spalle anni di supplenze, sono ancora in lotta – quanto chi è laureato da poco – per un pugno di punti in più, perché nel regno della scuola si aggira un mostro difficile da sconfiggere, il mostro “precarietà”.
Nella Lost Generation della domanda n°35 sembrava così celarsi un’amara allusione alla generazione dei trentenni di oggi. Persi nella savana del mondo del lavoro, persi nella giungla della burocrazia che rende un miraggio tanto l’inserimento nel pubblico quanto l’avvio di nuove imprese nel privato. Una generazione che come il Pip di Great Expectations (quesito n°34) continua a coltivare grandi aspettative, che però vengono puntualmente deluse.
In base ai primi risultati, su 531 candidati a Pisa avevano superato la preselezione in 31, numero insufficiente a coprire i 30 posti previsti per le superiori e i 15 previsti per le medie. Come interpretare questa decimazione? Le università italiane sfornano decine di laureati ignoranti o il test aveva una struttura discutibile?
Numerose le proteste su Internet e stampa, molte le segnalazioni da parte dei candidati esclusi e dei comparti scuola dei sindacati come la CGIL. Con un comunicato stampa del 5 agosto 2012, il Miur è corso ai ripari, annunciando di aver istituito una commissione di riesame che valutasse l’ambiguità delle domande contestate. Il 10 agosto sono arrivati i risultati definitivi. Per quanto riguarda le classi A346 e A345, oltre alla domanda n°7 la commissione ha deciso di abbonare altre 12 domande. Questo a Pisa ha consentito ad altri 180 candidati di continuare la selezione (211 in tutto).