Comunicazione, storytelling e turismo: conosciamo Barbara Maria Fantelli

marketing, comunicazione, storytelling

Oggi intervistiamo la freelance Barbara Maria Fantelli, consulente di marketing per le aziende del settore turistico (hotel, B&B, DMC, enti pubblici dediti alla promozione del territorio, ecc.). Un lavoro affascinante che richiede competenze trasversali ed è fortemente legato al mondo della comunicazione e delle lingue straniere.

Ho conosciuto Barbara ormai qualche anno fa, in occasione di un corso di Meeting Industry Management e da allora abbiamo avuto modo di collaborare insieme professionalmente e umanamente su diversi progetti.

In questa intervista, Barbara ci parlerà di quanto è importante affidarsi a un professionista, conoscere almeno una lingua straniera, aggiornarsi costantemente, saper ascoltare e interpretare ciò che ci circonda per lavorare in questo settore. Buona lettura!

L’internazionalizzazione parte dalla reception: lingue straniere, siti web e social media per hotel

Intervista a Martina Barigliano del San Ranieri Hotel di Pisa

Per la nostra rubrica dedicata al mondo del lavoro, in particolare alle professioni e ai settori coinvolti nell’uso delle lingue straniere, abbiamo deciso di intervistare la giovane Martina Barigliano, responsabile marketing dell’hotel San Ranieri di Pisa. Abbiamo ascoltato con interesse la sua storia, i suoi consigli e il suo punto di vista e per questo condividiamo volentieri i contenuti del nostro incontro qui sul blog di Help Traduzioni. Buona lettura!

Ciao Martina, come prima domanda ti chiediamo di presentarti brevemente. Chi sei e di cosa ti occupi al San Ranieri Hotel?

Ciao a tutti. Sì, mi chiamo Martina Barigliano e sono la responsabile marketing dell’hotel San Ranieri di Pisa, ovvero mi occupo di cercare nuovi clienti per l’hotel, coordinando il marketing e la comunicazione sia in riferimento al target turistico, a livello nazionale e non, sia per il settore dei meeting, dato che qui in hotel abbiamo due ampie sale meeting.

Biscuiterie Jeannette: tra letteratura e marketing

Biscuiterie Jeannette

Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine…

(Marcel Proust, Dalla parte di Swann)

Nell’epoca della globalizzazione, l’artigianato purtroppo se la passa sempre peggio. L’ennesima conferma è nel caso della Biscuiterie Jeannette, una delle più antiche biscotterie del nord della Francia (a Caen, nella regione del Calvados), costretta a dichiarare fallimento lo scorso 18 dicembre dopo ben 164 anni di attività (dal 1850).

Secondo la tradizione, la madeleine, simile ad un plum cake, ha avuto origine nell’Ottocento. Ad inventarla fu la pasticcera (o cuoca) Madeleine Paulmier, impiegata al servizio del nobile polacco Stanisław Leszczyńsk. Dal nome di questa donna, Luigi XV di Francia, genero di Leszczyńsk, decise di trarre anche il nome del dolce.

Dalla commistione di storia, tradizione, leggenda e bontà questo tipico dolce francese è arrivato fino ai nostri giorni.

Nei mesi scorsi i dipendenti della Biscuiterie Jeannette, per non perdere il lavoro, hanno deciso di occupare la fabbrica nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica, rilanciare la produzione e trovare un finanziatore.

Il rilancio passa anche attraverso i moderni strumenti di marketing, come ad esempio la creazione di un nuovo sito internet (biscuiterie-jeannette.com) o i social media (pagina Facebook), ma nessuno di questi strumenti è in grado di competere con la fascinosa descrizione di Proust: una pubblicità eterna.

Rileggendo la citazione qui sopra, non sentite l’impulso di addentare immediatamente uno di questi dolcetti? Dite la verità… 😀

Eppure, la letteratura, come spesso avviene, sembra non essere sufficiente. Allora siamo qui, con questo post, a chiedervi di mettere un “mi piace” sulla pagina di questa storica biscotteria francese, sperando di riuscire a dare eco anche in Italia alla giusta protesta di questi lavoratori.

Perché non applicare i concetti di usabilità e accessibilità anche al Content Marketing?

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di Daniela Corrado

Sempre più spesso sentiamo i grandi guru del marketing consigliare di usare Facebook e i social network in maniera intelligente: pianificando una linea editoriale precisa e strategie di comunicazione targeted oriented.  Cosa significa? È molto semplice. In pratica, si tratta di individuare i pubblici di riferimento (macrocategorie) , ovvero i destinatari  della comunicazione, e procedere a una successiva segmentazione del mercato nel dettaglio (microcategorie). Questo modo di fare, infatti, permette di  focalizzare meglio i contenuti (content) e, per usare una metafora, di indirizzarli a chi “ha orecchie per intendere”.

Eppure, probabilmente condizionata dai miei studi linguistici e in comunicazione pubblica, sono convinta che una comunicazione efficace, oltre a tener conto del target specifico, fattore che influenza notevolmente la selezione e la modalità di erogazione dei contenuti,  debba avere potenzialmente la capacità raggiungere il maggior numero di persone e, se possibile, riuscire a farsi comprendere chiaramente da tutti.

Partendo da questa riflessione, abbastanza semplicistica se vogliamo, mi sono chiesta, anche sulla base degli attuali trend di settore, se sarà mai possibile riuscire a creare, scegliere e organizzare i content  in maniera al contempo rilevante, orientata e globale.

È un’impresa impegnativa, ma non impossibile. E per raggiungere questo scopo, secondo me, è sufficiente ispirarsi a due concetti da tempo presenti in ambito web: usabilità e accessibilità.

Il content marketing prevede la creazione e diffusione di contenuti in grado di attrarre i prospects e trasformarli in customers. Negli ultimi anni si è compresa l’importanza della qualificazione dell’offerta dei contenuti; che non devono soltanto attrarre lettori  e essere ottimizzati per il web, ma dimostrarsi anche affidabili e diversificati. L’affidabilità e la diversificazione, infatti, giocano un ruolo importantissimo nella successiva fidelizzazione dei customers (che a quel punto diventano repeat buyers), e quindi, di rimando, anche sulla percezione della brand image.

In altre parole, chi svolge la funzione di content curator (o editor) ha una responsabilità enorme, sia nei confronti dell’azienda per cui opera (o di se stesso se si tratta di personal brand, come avviene per i traduttori e i freelance), che dei customers. La sua figura, in teoria della comunicazione, è assimilabile a quella dell’opinion leader. È lui, infatti, attraverso i contenuti che edita, ad educare e influenzare i prospects (e molto spesso anche eventuali partner e stakeholder) quel tanto sufficiente a far conoscere e amare il prodotto/servizio che offre e, se la sua strategia comunicativa è di successo, a creare marketing virale (attraverso la condivisione dei contenuti), convincendoti infine che è davvero un piacere fare affari con te e lavorare insieme. Magia? Quasi…

Quali vantaggi allora potremmo trarre dall’implementazione della nostra strategia di content marketing con i concetti di usabilità e accessibilità abitualmente utilizzati nella progettazione di sistemi informativi?

Se lo scopo dell’usabilità è misurare la qualità dell’interazione dell’utente con il prodotto durante l’uso, applicato ai content, questo concetto consentirebbe la creazione, progettazione e organizzazione di contenuti in maniera più efficace, efficiente e soddisfacente. In quest’ottica di miglioramento di qualità e organizzazione dell’informazione, infatti, sono sempre più orientate le modifiche degli algoritmi di Google (in grado, come sappiamo, di influenzare il posizionamento dei siti web) e lo sviluppo di recenti tecnologie e piattaforme legate alla content curation (ad es. Scoop.it, Storify, Pearltrees, Zite, Pinterest, ecc.).

Se, dall’altro lato, l’accessibilità consente che il maggior numero di persone possibile possa accedere ad un prodotto (ad es. attraverso il corretto caricamento di siti web da parte di vari browser o su device differenti), in applicazione al content marketing ciò offrirebbe l’opportunità concreta non solo di allargare il bacino di utenza del target, ma anche di sviluppare una nuova consistente fetta di mercato; quella che attualmente va sotto il nome di mobile content.

In altre parole, investire nell’usabilità e accessibilità dei content, anche attraverso la determinazione di criteri oggettivi a cui fare riferimento, consentirebbe di migliorare notevolmente le proprie strategie e il raggiungimento degli obiettivi.

D’altra parte, se in programmazione web lavorando sul lato server abbiamo un miglior controllo del lato client, perché lo stesso principio non dovrebbe valere anche per il content marketing?

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