La revisione come stile di vita: consigli pratici per traduttori e copywriter

Help Traduzioni - Revisione editoriale e traduzioni

di Daniela Corrado

In questo post affronterò in maniera molto personale, e certamente non esaustiva, la prassi della revisione, anche quella del curriculum vitae.  L’idea di intitolare l’articolo “La revisione come stile di vita” nasce da alcune e-mail (con immancabile CV in allegato) ricevute da giovani traduttori (a proposito, non siamo un’agenzia ma uno studio di freelance che lavorano in co-working!) in cui erano presenti refusi o -peggio- frasi leziose o sintatticamente piuttosto confuse.

Di solito, Angela ed io cerchiamo sempre di rispondere in maniera personalizzata a chi ci scrive, dando consigli basati sulle nostre esperienze personali che possano essere d’aiuto per proporsi in maniera adeguata e professionale ad agenzie, associazioni, case editrici, ecc. (a questo proposito, chi fosse interessato alla traduzione letteraria, trova sul blog l’articolo “Come fare per farsi prendere in considerazione dalle case editrici”). In quest’ottica, per l’appunto, scrivo il post che stai leggendo, provando a immaginare alcune FAQ sulla revisione (sai cos’è una FAQ, vero?) 😀

ATTENZIONE! Questo post vuole essere, da un lato, una sorta di risarcimento per chi ci ha scritto e non ha ancora avuto una risposta e, dall’altro, una riflessione (si spera utile a tutti, traduttori e non) sull’importanza di una buona revisione di ciò che si scrive (e quindi anche del proprio CV…)

Domanda nr. 1: Perché è così importante revisionare sempre ciò che si è scritto e/o tradotto?

La risposta è abbastanza semplice: una buona revisione serve a garantire l’accuratezza del prodotto che andiamo a consegnare. Nel caso specifico delle traduzioni, sarebbe bene che il revisore e il traduttore fossero due professionisti distinti in grado di lavorare in sinergia, ma quando ciò non avviene (come freelance spesso non si ha tempo/modo di contattare un collega per chiedere una revisione) io personalmente adotto la soluzione soprannominata “creare il giusto distacco dal testo”. In pratica lascio da parte la traduzione (già terminata) per qualche giorno (almeno una mezza giornata se i tempi sono proprio stringenti) e la rileggo, apportando eventuali correzioni soltanto dopo aver tassativamente rispettato il periodo di distanza coatta -fisica e mentale- dal testo.

L’abitudine di distaccarsi da ciò che si è scritto è molto utile: non solo permette di accettare meglio le critiche interiorizzandole in maniera costruttiva, ma aiuta anche a cambiare prospettiva e leggere i testi in un’ottica differente identificandone velocemente le criticità. Ad ogni modo, soprattutto nel caso di traduzioni tecnico-specialistiche, preferisco sempre consultare un revisore non linguista esperto della materia oggetto del testo.

Consiglio: nel caso in cui si invii un CV per proporsi come traduttore e/o revisore, è importante fare attenzione ai refusi. Che credibilità può avere, infatti, un traduttore che in una e-mail di 5-10 righe commette uno o più errori di grammatica, ortografia e sintassi? Rileggi sempre con attenzione, epura e semplifica, controlla la punteggiatura, gli accenti ed eventuali altri errori di battitura. Sempre!

Domanda nr. 2: Cosa si intende esattamente per revisione?

La risposta alla domanda è controversa. Si può intendere la semplice rilettura, la rilettura con riformulazione di alcune parti di testo o in alcuni casi anche la riscrittura (vedi la revisione delle traduzioni effettuate dai traduttori automatici…).

Per quel che riguarda la prima opzione, e un po’ anche la seconda, si rientra in ciò che considero una “revisione a lettura incrociata”: ovvero ho il testo di partenza,  in lingua originale, accanto alla traduzione effettuata e procedo nella rilettura attenta dei singoli segmenti, confrontandoli sempre con l’originale e verificando di volta in volta la validità delle scelte linguistiche effettuate.

A questa fase, personalmente, faccio seguire una revisione terminologico-lessicale e stilistica più marcata che sono solita chiamare “editing”.

L’editing ha come obiettivo quello di verificare la chiarezza, scorrevolezza, coesione e coerenza interna del testo. La soluzione del distacco, a cui accennavo prima, è utilissima in questa fase. Nell’editing, infatti, il testo su cui lavoriamo va considerato nella sua essenza, unicità, indipendenza, e non come la traduzione di qualcos’altro. Durante questa  revisione ho sempre accanto a me il testo in lingua originale, ma lo consulto solo se ho dei dubbi e delle perplessità che non sono ancora riuscita a chiarire del tutto, o se la formulazione finale per cui ho optato sembra troppo distante dal testo di partenza, così tanto da rischiare di inficiare il messaggio originale. Ci sono anche dei casi in cui, per motivi culturali o terminologico-lessicali, il messaggio originale non può essere trasposto e bisogna trovare soluzioni innovative. Solitamente questo problema lo affronto durante la fase traduttiva vera e propria, ma mi è anche capitato di doverlo risolvere durante l’editing, e devo dire che, a questo punto del lavoro, essendo più consapevole riguardo a testo e contesti di riferimento, e soprattutto a più stretto contatto col cliente, le soluzioni trovate si sono sempre rivelate maggiormente soddisfacenti rispetto alla prima scelta traduttiva.

La fase finale della revisione è quella che chiamo “proofreading”, in cui rivedo la punteggiatura ed eventuali refusi (soprattutto tipografici) che possono essermi sfuggiti nelle precedenti manipolazioni del testo.

Ognuno ha un suo metodo di revisione, e questo in sostanza è il mio (credo, tra l’altro, che sia abbastanza condiviso/condivisibile). A questo punto, se ti va, puoi confrontarlo con il tuo e scrivermi (mi piace il confronto!), elaborarne uno nuovo, oppure delegare la revisione a qualcun altro (attenzione però ai revisori con la “voluttà della penna rossa” – Permentiers, Springael, Troiano, Traduction, Adaptation & Editing Multilingue, p.49). Ad ogni modo, qualsiasi strada tu decida di prendere, ciò che conta di più per chi come noi lavora con le parole (traduttori, copywriter e compagnia bella..) è ricordarsi di revisionare sempre e comunque ciò che si scrive prima della consegna definitiva del testo (anche se si tratta di un semplice CV!) 🙂

International Day of Happiness: la lista dei desideri di un traduttore

linus-felicita

di Daniela Corrado

Oggi, in occasione del primo UN International Day of Happiness, un post sul “domandone”: “Cosa rende felice un traduttore?”

Ecco le risposte che -personalmente- mi sono data:

  • Lavorare – Il lavoro del traduttore freelance non è per niente semplice. Passi gran parte del tempo a fare marketing per trovare clienti e quando lavori è raro che tu riesca a dedicare alla traduzione il tempo che vorresti. La maggior parte dei clienti, infatti, necessita della traduzione in tempi stringenti e, a meno che non si lavori con tipologie di testi già note (ma anche in questo caso l’approfondimento linguistico è d’obbligo perché il dubbio terminologico e/o le sviste sono sempre in agguato…), non si ha mai il piacere di dedicarsi all’interpretazione e alla resa del testo come si vorrebbe. Durante i corsi di formazione o i meeting con i colleghi, l’ansia principale che attanaglia il traduttore è sempre quella di non riuscire ad avere sufficienti contatti/lavori a cui dedicarsi. In questo settore la competizione è vasta e spietata e solo in pochi riescono ad emergere e ad avere successo. I traduttori alle prime armi sono spesso demotivati perché non sanno come far fruttare concretamente gli anni di studio che hanno alle spalle e cercano semplicemente qualcuno che offra loro la possibilità di far vedere quanto valgano. Avere la possibilità di una formazione diretta sul campo, oltre ad essere gratificante, serve per far capire al traduttore se quella imboccata è davvero la strada che si vuole percorrere, e soprattutto è fondamentale per capire in quale settore specializzarsi. Quindi, per essere felice, un traduttore ha senz’altro bisogno di lavorare.
  • Tempi di consegna ragionevoli – Su questo punto, in realtà, c’è poco da dire. La traduzione, come accennavo prima, dal punto di vista del business, è una prestazione professionale di servizi. Se un privato, un’azienda o un ente ha bisogno di esternalizzare un servizio si rivolge a suo piacimento al professionista che ritiene più affidabile/conveniente e negozia costi e tempi di realizzazione in base alle sue personali esigenze. Sinceramente, mi è capitato di rado di trovare committenti in grado di comprendere a pieno il valore aggiunto che un tempo di consegna ragionevole dà alla traduzione, soprattutto per quel che riguarda la fase delicata della revisione. Ma, ad ogni modo, sono in questo settore da soli due anni, un tempo ragionevolmente breve per fare bilanci, e chissà che nel futuro io non possa ricredermi e rimangiarmi quanto scritto in questo post (ci spero proprio!).
  • Ricevere un compenso equo – Il tema delle tariffe di traduzione è piuttosto spinoso. Nel mercato libero è legittimo impostare le tariffe di traduzione in base ai propri standard. Tuttavia, essendo la professionalità del traduttore poco normata (senza albo, senza cassa, senza o quasi sindacati, ecc.) la verità è che ognuno fa un po’ come gli pare… Il risultato è un mercato confuso in cui il traduttore professionista con anni di esperienza alle spalle può permettersi di chiedere anche 25/30 euro a cartella, le agenzie di traduzione applicano il fee che ritengono competitivo per il loro target di utenze/mercato, e il traduttore alle prime armi, spesso snobbato e isolato dalle due categorie precedentemente elencate, non avendo prospettive certe e dati attendibili su cui basarsi, di norma svaluta il proprio lavoro e la propria professionalità nella speranza di riuscire a penetrare il muro che ha davanti, danneggiando inconsapevolmente l’intera categoria dei traduttori, o -se è più scafato- posta in un forum, di solito su Proz, una timida domanda a cui puntualmente segue uno sproloquio di risposte che non servono ad altro se non ad aumentare la confusione già esistente. Consiglio (di cuore): fatevi un’idea del vostro prezzo standard in base al tempo che impiegate per tradurre una cartella. Ogni traduzione e ogni cliente è un caso a sé. Negoziate sempre il prezzo in base al cliente, alla tipologia/specificità del testo, all’urgenza della consegna. Temporeggiate (non troppo!) offrendo al cliente un preventivo chiaro (prendetevi anche una giornata intera se occorre!) in cui esplicitate con trasparenza lapalissiana le voci che concorrono alla formazione del prezzo finale richiesto (traduzione per nr. di cartelle/parole, revisione specialistica, eventuale asseverazione/editing e quant’altro…).

Ecco, mi sono dilungata già troppo, ma in sintesi a un traduttore basterebbero queste tre cose per vivere e lavorare felicemente. Ce ne sarebbero molte altre da elencare, questo sì, ma nella lista delle priorità credo che questi tre punti siano essenziali per garantire dignità ad una professione così bella come la nostra.

Libri da leggere… un giochino

di Daniela Corrado

L’estate, o meglio la primavera, si avvicina e già pregusto le letture estive che farò sotto l’ombrellone! Mi si potrebbe obiettare che siamo ancora a marzo… Vero. Ma, quando si lavora tanto, si sogna sempre di avere il tempo per andare in vacanza. E guai a smettere di sognare.

E allora, dato che qui a Pisa, da dove scrivo, nonostante sia marzo piova in maniera ininterrotta da circa una settimana, in attesa/auspicio che arrivi Zefiro portando con sé il sole e il bel tempo che preannuncia l’estate, mi sono messa, come spesso si usa nelle “mezze stagioni”, a fare ordine e pulizia in casa, iniziando anche a buttar giù una piccola lista (in realtà si è pian piano allungata fino a diventare enorme!) di  libri e riviste che avrei voluto leggere durante l’inverno e invece, a causa di vari impegni, nella maggior parte dei casi non sono riuscita nemmeno ad aprire.

A questa lista vorrei aggiungere dei nuovi titoli (a proposito, si accettano consigli) e così, navigando sul web alla ricerca di idee, mi sono ritrovata sul sito dailyinfographic.com; dove, a proposito di libri, ho trovato un giochino carinissimo che sembra fare proprio al caso mio (preso dal sito teach.com).

Condivido volentieri questa scoperta anche qui sul blog, con tutti i lettori di Help Traduzioni, sperando possa far sognare e annusare anche a voi l’arietta estiva e vacanziera che tra pochi mesi ci aspetta.

Buona lettura e buon test!

Books To Read This Summer, via teach.com
Books To Read This Summer, via teach.com

La traduzione e redazione di testi per il teatro

La traduzione e redazione di testi per il teatro

di Daniela Corrado

Cari tutti, dopo aver collaborato con STL – Formazione, e partecipato attivamente in prima persona, all’organizzazione del corso di traduzione giuridica dal francese “I contratti internazionali” (con la bravissima e preparatissima docente Barbara Arrighetti), è per me un piacere condividere qui, sul blog di Help Traduzioni, uno dei prossimi eventi formativi già in programma.

Si tratta di un corso di traduzione teatrale dall’inglese, un settore che comporta difficoltà specifiche sia per quanto riguarda la resa scritta dei testi, spesso pieni zeppi di deittici e riferimenti all’attualità, sia la messa in scena. Nel teatro tutto è ritmo, si sa, e la musicalità delle parole, esattamente come in poesia, è fondamentale.

Secondo Claudio Magris: « La scrittura teatrale è (…) ‘scrittura notturna’, una scrittura magari brusca, spezzata, che però è servita a liberarmi da una preoccupazione eccessiva per la chiarezza, e anche da tante timidezze; ho imparato a fare i conti con la frammentarietà, mentre prima tendevo troppo a comporre, a ordinare.»

Una riflessione, quest’ultima, che davvero meriterebbe un approfondimento importante. Nel teatro, infatti, c’è molto più di un testo da tradurre. La frammentarietà a cui allude Claudio Magris è l’essenza stessa della scrittura teatrale; la quale si compone di tante voci, scene e testi che giungono insieme sulla pedana del palcoscenico, davanti al pubblico, per essere visti e ascoltati.

Un insieme frammentario di scene, voci e sensazioni che, come nei sogni, regalano un senso di “verità” che dura per tutto il tempo dello spettacolo.

Tradurre per il teatro è, molto più di quanto avviene per il romanzo, tradurre in “verità” ciò che è finzione; perché, nel caso del teatro, il destinatario del testo non è altrove che immagina, ma è presente, vigile e partecipe alla produzione del testo in divenire.

La scrittura teatrale ha il non facile compito di solleticare l’immaginazione nell’immediatezza.

Non posso spingermi oltre in riflessioni che vanno sicuramente al di là della mia portata di semplice amateur del teatro, ma partecipare alla realizzazione e divulgazione di iniziative formative in grado di approfondire questi temi, sì che posso farlo, ed è una gioia.

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