Resoconto dal Pisa Book Festival 2012

libri

di Daniela Corrado

È passata più di una settimana ormai e anche quest’anno si è concluso il Pisa Book Festival. Mi accodo al post scritto da Angela, che ha espresso l’emozione di trovarsi davanti a una grande scienziata come Margherita Hack, soffermandomi di più sugli eventi relativi alla traduzione editoriale. Il mio primo giorno al PBF è stato caratterizzato dagli incontri e dai seminari gratuiti riguardanti i contratti editoriali e lo scouting da parte delle case editrici nei confronti dei traduttori. Daniele Petruccioli, ad esempio, ha tenuto un interessantissimo workshop sulle clausole dei contratti editoriali. Dopo aver sottoposto ai partecipanti dei contratti con delle clausole alquanto “anomale” e discutibili (o per lo meno così apparivano ad un occhio esperto!), il Petruccioli ha svelato come modificare queste clausole in modo vantaggioso e proficuo sia per l’editore che per il traduttore.

Nel pomeriggio di venerdì, invece, l’editor Martina Testa ha tenuto una conferenza sul sistema di reclutamento dei traduttori nelle case editrici, riferendosi in modo particolare alla casa editrice per cui lavora, ovvero la Minimum Fax, e più in generale al funzionamento della catena editoriale e alle peculiarità del ruolo dell’editor. Imbarazzante il momento in cui la Testa ha chiesto al pubblico la differenza tra editor e redattore e nessuno ha saputo risponderle (voglio sperare per timidezza!). Ad ogni modo, queste figure, entrambe fondamentali in una casa editrice, e spesso confuse, si distinguono per la loro diversa funzione: l’editor, infatti, sceglie i libri da pubblicare e collabora direttamente con l’autore nella messa a punto di alcune parti del testo; il redattore, invece, subentra in una fase successiva, quando il testo ha già raggiunto la sua forma linguistica definitiva.

In conclusione, Martina Testa ha cercato di approfondire il rapporto che intercorre tra editore e traduttore, sottolineando ciò che un editore può fare per un traduttore e, viceversa, come un traduttore dal canto suo può facilitare la vita a un editore.

Nel primo caso, un editore che volesse agevolare un traduttore può fare essenzialmente tre cose:

  • Affiancargli un buon revisore
  • Dare visibilità al traduttore (pubblicando sempre il suo nome in copertina)
  • Coinvolgerlo anche nelle fasi successive alla pubblicazione  (ad esempio, nell’iter promozionale del libro, invitandolo a partecipare a reading, interviste all’autore, o nel caso in cui l’autore non possa intervenire alla stessa presentazione del libro, ecc.)

Nel secondo caso, un traduttore può agevolare l’editore mostrando:

  • Affidabilità e puntualità nella consegna
  • Rispetto delle indicazioni redazionali fornite dalla casa editrice
  • Attenzione alla grafia e ai refusi (per agevolare le successive fasi di revisione e correzione di bozze)
  • Mantenere un atteggiamento attivo e propositivo, comunicando eventuali dubbi e proposte alternative

Se, in linea di principio generale, ho trovato l’intervento di Martina Testa molto utile per approcciarsi al sistema “casa editrice”; dall’altra parte, devo ammettere di non essermi sentita particolarmente in accordo con alcune delle sue posizioni e affermazioni. Non tutti i traduttori, infatti, difettano nel rispettare i termini di consegna come lei ha affermato, e inoltre non ho ben compreso il suo discorso sull’attuazione di uno step di revisione senza avere il testo originale a fronte; il che, devo ammettere, mi ha lasciato piuttosto perplessa, così come anche la clausola della cessione dei diritti per 20 anni (che in realtà è purtroppo abbastanza comune) e il pagamento a 2-4 mesi dalla consegna (quando la recente normativa ha portato da 60 a 30 i giorni dopo cui il pagamento di una prestazione professionale deve essere saldato).

Illuminante, invece, è stato l’incontro, svoltosi il secondo giorno, con la traduttrice di AITI Anna Bissanti. La Bissanti ha introdotto l’argomento della traduzione in ambito giornalistico, evidenziando come per certi aspetti questa tipologia di traduzione sia estremamente simile alla traduzione della saggistica, ma abbia anche delle sue specifiche particolarità. Due elementi essenziali della traduzione giornalistica sono la riservatezza e la capacità di lavorare sotto stress. Le notizie, infatti, non devono uscire dalla redazione prima della pubblicazione, e inoltre i tempi di attribuzione e consegna degli incarichi sono davvero stringenti. Può capitare, infatti, di dover tradurre un testo dal pomeriggio al mattino seguente, o addirittura in poche ore, garantendo al direttore del giornale affidabilità e accuratezza. Nella traduzione giornalistica il pezzo è sempre firmato dal traduttore, per cui visibilità e professionalità sono al massimo.

Alcune doti essenziali per chi vuole avvicinarsi a questo settore:

  • padronanza della lingua (target – source)
  • aggiornamento costante sui temi di attualità
  • versatilità
  • lungimiranza (può capitare, infatti, che dopo aver passato la notte a tradurre un pezzo questo non esca perché, nel frattempo, un’altra notizia ha avuto la priorità)
  • “sapere di non sapere”, ovvero diffidare sempre da ciò che sembra troppo semplice
  • pazienza (ci sarà sempre qualcuno che criticherà la notizia o la traduzione)
  • coraggio (ci si assume sempre il rischio di ciò che si pubblica)

L’ultimo appuntamento del festival che ho seguito è stato “Come si fa una proposta editoriale” con Francesca Casula (Aìsara), Daniela Di Sora (Voland), Rachele Palmieri (Lotto49) e Angelo Molica Franco. Anche in questa occasione, sono stati elargiti numerosi consigli (da parte di editor e titolari di agenzie letterarie) su come proporsi, redigere il curriculum, la scheda di lettura e la prova di traduzione. Per questa parte rimando al post già scritto su come diventare traduttori editoriali; perché, in pratica, i consigli essenziali sono gli stessi già espressi in quell’articolo.

In attesa di vedere cosa succederà nell’edizione del Pisa Book Festival 2013, vorrei sottolineare l’impeccabilità dell’organizzazione e della scelta degli argomenti da trattare, il cui merito va alla traduttrice Ilide Carmignani, che ha seguito personalmente tutti gli incontri, intervenendo a vantaggio dei traduttori più giovani, ponendo domande e fornendo importanti spunti di riflessione.

Unica pecca è stata lo spazio. La grande affluenza di pubblico ha infatti reso la partecipazione a molti incontri difficile se non impossibile. Spero che lo spazio dedicato alla traduzione possa ampliarsi di anno in anno sia dal punto di vista della proposta qualitativa e quantitativa degli eventi, sia dal più banale aspetto logistico dell’organizzazione del festival.

Scienza e fede: Margherita Hack al Pisa Book Festival 2012

di Angela Di Giorno

La simpatia e la semplicità della donna, prima ancora della genialità dell’astrofisica, sono le qualità irresistibili di Margherita Hack, ospite del Pisa Book Festival lo scorso 24 novembre.

Una folla immensa aspettava impaziente il suo arrivo nella Sala Pacinotti del Palazzo dei Congressi di Pisa per la presentazione del  nuovo libro Io credo. Dialogo tra un’atea e un prete, scritto con Pier Luigi Di Piazza ed edito da Nuovadimensione. Ed eccola entrare nella sala, preceduta dal marito Aldo: il peso cosmico di 90 anni di studi sulle spalle le ha reso il passo incerto e tutti si sciolgono in un applauso mentre con l’aiuto delle stampelle raggiunge la sua postazione.

Nel libro la Hack, che come è noto si dichiara fermamente atea, e Don Pier Luigi Di Piazza, prete friulano che da sempre si dedica ad accoglienza e integrazione, si confrontano sui temi della vita partendo da due posizioni divergenti le quali però finiscono per coincidere in un’etica umanistica universalmente valida condensata nei precetti “Ama il prossimo tuo come te stesso” e “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso”. Ecco l’inizio del dibattito:

La discussione ha alternato toni seri di riflessione, come quando i due ospiti si sono confrontati sul tema dell’accanimento terapeutico, definito dalla Hack “una barbarie“, a toni più rilassati nei momenti in cui l’autoironia e il senso dell’umorismo toscano della Hack hanno dato origine ad una serie di boutade travolgenti.

Uno dei momenti più piacevoli: quello in cui la moderatrice chiede alla Hack se ritiene che i dieci comandamenti siano dei precetti da seguire. Segue un botta e risposta che vale la pena di seguire direttamente nel video che abbiamo realizzato:

Nelle fasi finali dell’incontro è stato chiesto all’astrofisica: “Lei afferma nel libro che ciò che le piacerebbe maggiormente vedere realizzato in futuro è il teletrasporto“. E lei risponde divertita: “Eh, oggi abbiamo già Skype che è una specie di teletrasporto!”.

Tirando le somme, è stato un incontro interessante che ha ripreso il dibattito secolare tra scienza e fede – che personalmente mi affascina da sempre – il dilemma irrisolto tra finalismo e causalità, tra le due opposte spiegazioni del mondo: quella ermeneutica secondo cui il mondo è esplicazione di un disegno provvidenziale finalistico, che le varie religioni attribuiscono a Dio, e quella scientista (a partire da Aristotele fino a Cartesio e Newton) basata sul principio di causalità (post hoc, ergo propter hoc) secondo cui non c’è nessun fine ma solo il meccanicistico esplicarsi di fatti.

L’originalità dello scambio tra la Hack e Don Di Piazza risiede nell’apertura intellettuale per cui le due ideologie antitetiche non solo sono in grado di mettere da parte la propria pretesa di validità gnoseologica assoluta, ma arrivano addirittura ad operare una sintesi nell’umanesimo etico.

Si avverte che l’argomento mi appassiona? Non poteva essere altrimenti, dal momento che questi e altri temi sono stati magistralmente raccontati dallo scrittore inglese Philip Pullman (Norfolk, 1946-) nella trilogia fantasyHis Dark Materials“, che anni fa è stata oggetto della mia tesi! 🙂

Pullman è un ateo appassionato di scienza e astrofisica. Traendo ispirazione dalle speculazioni derivate dalla teoria sui buchi neri del noto fisico Stephen Hawking, Pullman ha immaginato un universo in cui infiniti mondi paralleli coesistono. Tutti sono popolati da esseri coscienti: persone, streghe, orsi parlanti, angeli e altri esseri viventi animati dalle stesse domande sul perchè dell’esistenza. Nel mondo della protagonista, Lyra, è in atto una tremenda lotta tra il Magisterium (la Chiesa) e la comunità scientifica, che finisce per allargarsi a tutti gli altri mondi e può essere risolta solo in una comune ottica di etica della solidarietà tra popoli. Il confronto tra scienza e fede è approfondito in un personaggio molto particolare: Mary Malone ex suora che dopo aver perso la fede è diventata una scienziata, specializzata nelle ricerche sulla materia oscura.

Non aggiungo altro anche perchè potrei scrivere fiumi di parole! Vi consiglio solo la lettura del libro (uscito in Italia col titolo “Queste oscure materie”,  edito da Salani, traduttori Marina Astrologo, Alfredo Tutino e Francesco Bruno) che offre sicuramente molti spunti di riflessione. Gli stessi che penso possa offrire il libro della Hack e Don Di Piazza, sebbene sia un genere letterario molto diverso. Infine, per chi fosse interessato, sul sito di RadioEco emittente radiofonica dell’Ateneo universitario pisano si può ascoltare il podcast dell’intero incontro tenuto al Pisa Book Festival.

Il mondo incantato delle fiabe olandesi

fiabe olandesi

di Angela Di Giorno

One summer’s day, as the princess was walking in the open, sunny space, where the old oak had stood, she saw a blue flower.

[Un giorno d’estate, mentre la principessa passeggiava nello spazio aperto e soleggiato dove prima si ergeva la vecchia quercia, vide un fiore blu.]

Dutch Fairy Tales, William Elliot Griffis, 1918

E fu così che la principessa scoprì il lino. Lei è la principessa dalle venti sottane, figlia del Signore delle Terre di Ten Eyck (“at the oak”), una della protagoniste delle fiabe olandesi. Da piccola era capricciosa e dispettosa, perciò il padre, sotto consiglio della vecchia quercia parlante, le costruì una sottana di assi di legno simile ad una botte da farle indossare quando disubbidiva. La principessa divenne una filatrice esperta, di sottane ne filò e indossò venti e diffuse l’arte della tessitura nel suo regno.

Questa è solo una delle affascinanti leggende della tradizione e delle fiabe olandesi che, per curiosità, sto esplorando in questi giorni, purtroppo non in lingua originale, ma tramite la raccolta dello scrittore, viaggiatore e orientalista americano W.E.Griffis.  Lo spunto viene da TALENT NEXT, seconda edizione del concorso per illustratori all’interno del Pisa Book Festival 2012, dedicato quest’anno all’Olanda.

Cosa indica il fiore blu nelle fiabe olandesi?

fiabe olandesi - gatta
Illustrazione da “Dutch Fairy Tales”Cosa indica il fiore blu nelle fiabe olandesi?

Il prezioso fiore blu compare anche nella fiaba Prince Spin Head and Miss Snow White (sbucato anche in questo caso nel punto in cui prima si trovava un’antica quercia magica), in cui esso è il dono d’amore del principe – che a causa di un incantesimo ha le sembianze di un ragno – a Biancaneve. In entrambi i casi, è comunque chiaro che nella cultura e nel folklore dei Paesi Bassi è il simbolo della nascita del paese, storicamente ed economicamente legato all’industria tessile delle Fiandre.

Nessun tulipano invece… strano no!

Un elemento tipico è il riferimento alla vita semplice, contadina e ad eventi ricorrenti ad essa legati come le alluvioni.  In una delle fiabe olandesi, la gattina Dub-belt-je, trascinata via insieme alla sua padroncina addormentata nella culla, la salva miagolando e attirando l’attenzione degli abitanti del villaggio.

fiabe olandesi L’elemento realistico si mescola ovviamente all’elemento fantastico, evocando un mitico passato popolato da elfi, nani, fate e divinità come il dispettoso elfo Stiff detto anche Cresta di Gallo, il cinghiale dalle setole d’oro forgiato dai nani per lo spirito fatato Fro, il dio Stoom discendente del Re del Ghiaccio ecc… E’ evidente l’influsso dell’immaginario mitologico dei paesi di cultura germanica e francofona.

Io ne sono esaltata anche perchè ho scoperto che questo mondo fiabesco e incantato esiste! Sul serio 🙂 Si tratta di Efteling, uno dei parchi a tema più grandi d’Europa, dove si può visitare tra le altre cose, la Foresta Incantata. Efteling ha preso vita nel 1952 dalle meravigliose illustrazioni di Anton Pieck, famoso illustratore olandese, che partecipò alla progettazione del parco. Promemoria per il prossimo viaggio 🙂

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