Cosa significa progettare e pianificare una Social media strategy?

Immagine tratta dal blog www.blog.untrabajo.es
Immagine tratta dal blog www.blog.untrabajo.es

di Daniela Corrado

Le attività di comunicazione sui social media rientrano nell’ottica di una comunicazione intesa come investimento e risorsa. I contenuti pubblicati su blog, social network ed altri canali rappresentano la “voce” di un’azienda, associazione, ente o, nel caso di un freelance, del proprio personal brand.

Pertanto le azioni di comunicazione sui social network vanno gestite in maniera professionale e ragionata, perché sono uno strumento strategico volto a far crescere e a rendere noto il valore e la qualità del brand e dei servizi offerti.

Dal punto di vista operativo, le azioni di comunicazione sui social network prevedono tre fasi essenziali: una prima fase di conoscenza e pianificazione delle azioni di comunicazione da svolgere; una seconda fase più “concreta”, di realizzazione e di gestione dei contenuti; e, infine, un ultimo step di verifica e di monitoraggio dei risultati.

Durante la prima fase si parte con la raccolta delle informazioni, per capire il contesto nel quale ci muoviamo, e si procede alla definizione degli obiettivi strategici e operativi, in modo da esplicitare chiaramente le finalità della nostra comunicazione. Questa fase è particolarmente importante (da essa, infatti, dipende la scelta delle azioni comunicative da intraprendere) e, nel caso di un incarico in outsourcing, è assolutamente necessario instaurare sin da subito una stretta collaborazione tra il professionista freelance e l’azienda, associazione o ente per cui si lavora.

Una volta definiti gli obiettivi, i pubblici di riferimento e la strategia si può passare al secondo step di natura più pratica e operativa. In questa seconda fase, in sintesi, si impostano i profili o le pagine sui social network, redigendo i testi di presentazione delle attività dell’azienda, ente o associazione, scegliendo e filtrando i contenuti da pubblicare, interagendo con gli utenti, sviluppando e implementando il network (anche con gli stakeholders) e promuovendo gli eventi, i prodotti e le attività in tempo reale.

La terza fase, last but not least, è essenziale per valutare l’impatto e gli effetti generati all’esterno (reattività e propositività dei clienti/utenti, interesse di nuovi o potenziali clienti/utenti, ecc.) e le eventuali discrepanze rispetto agli obiettivi di comunicazione prefissati.

È importante sottolineare che i social network favoriscono molto l’aspetto interattivo, aiutando nella creazione di veri e propri “legami” con gli utenti, pertanto la chiarezza e la semplicità (le famose regole di John Maeda) anche in questo caso fanno dei miracoli!

Perché non applicare i concetti di usabilità e accessibilità anche al Content Marketing?

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di Daniela Corrado

Sempre più spesso sentiamo i grandi guru del marketing consigliare di usare Facebook e i social network in maniera intelligente: pianificando una linea editoriale precisa e strategie di comunicazione targeted oriented.  Cosa significa? È molto semplice. In pratica, si tratta di individuare i pubblici di riferimento (macrocategorie) , ovvero i destinatari  della comunicazione, e procedere a una successiva segmentazione del mercato nel dettaglio (microcategorie). Questo modo di fare, infatti, permette di  focalizzare meglio i contenuti (content) e, per usare una metafora, di indirizzarli a chi “ha orecchie per intendere”.

Eppure, probabilmente condizionata dai miei studi linguistici e in comunicazione pubblica, sono convinta che una comunicazione efficace, oltre a tener conto del target specifico, fattore che influenza notevolmente la selezione e la modalità di erogazione dei contenuti,  debba avere potenzialmente la capacità raggiungere il maggior numero di persone e, se possibile, riuscire a farsi comprendere chiaramente da tutti.

Partendo da questa riflessione, abbastanza semplicistica se vogliamo, mi sono chiesta, anche sulla base degli attuali trend di settore, se sarà mai possibile riuscire a creare, scegliere e organizzare i content  in maniera al contempo rilevante, orientata e globale.

È un’impresa impegnativa, ma non impossibile. E per raggiungere questo scopo, secondo me, è sufficiente ispirarsi a due concetti da tempo presenti in ambito web: usabilità e accessibilità.

Il content marketing prevede la creazione e diffusione di contenuti in grado di attrarre i prospects e trasformarli in customers. Negli ultimi anni si è compresa l’importanza della qualificazione dell’offerta dei contenuti; che non devono soltanto attrarre lettori  e essere ottimizzati per il web, ma dimostrarsi anche affidabili e diversificati. L’affidabilità e la diversificazione, infatti, giocano un ruolo importantissimo nella successiva fidelizzazione dei customers (che a quel punto diventano repeat buyers), e quindi, di rimando, anche sulla percezione della brand image.

In altre parole, chi svolge la funzione di content curator (o editor) ha una responsabilità enorme, sia nei confronti dell’azienda per cui opera (o di se stesso se si tratta di personal brand, come avviene per i traduttori e i freelance), che dei customers. La sua figura, in teoria della comunicazione, è assimilabile a quella dell’opinion leader. È lui, infatti, attraverso i contenuti che edita, ad educare e influenzare i prospects (e molto spesso anche eventuali partner e stakeholder) quel tanto sufficiente a far conoscere e amare il prodotto/servizio che offre e, se la sua strategia comunicativa è di successo, a creare marketing virale (attraverso la condivisione dei contenuti), convincendoti infine che è davvero un piacere fare affari con te e lavorare insieme. Magia? Quasi…

Quali vantaggi allora potremmo trarre dall’implementazione della nostra strategia di content marketing con i concetti di usabilità e accessibilità abitualmente utilizzati nella progettazione di sistemi informativi?

Se lo scopo dell’usabilità è misurare la qualità dell’interazione dell’utente con il prodotto durante l’uso, applicato ai content, questo concetto consentirebbe la creazione, progettazione e organizzazione di contenuti in maniera più efficace, efficiente e soddisfacente. In quest’ottica di miglioramento di qualità e organizzazione dell’informazione, infatti, sono sempre più orientate le modifiche degli algoritmi di Google (in grado, come sappiamo, di influenzare il posizionamento dei siti web) e lo sviluppo di recenti tecnologie e piattaforme legate alla content curation (ad es. Scoop.it, Storify, Pearltrees, Zite, Pinterest, ecc.).

Se, dall’altro lato, l’accessibilità consente che il maggior numero di persone possibile possa accedere ad un prodotto (ad es. attraverso il corretto caricamento di siti web da parte di vari browser o su device differenti), in applicazione al content marketing ciò offrirebbe l’opportunità concreta non solo di allargare il bacino di utenza del target, ma anche di sviluppare una nuova consistente fetta di mercato; quella che attualmente va sotto il nome di mobile content.

In altre parole, investire nell’usabilità e accessibilità dei content, anche attraverso la determinazione di criteri oggettivi a cui fare riferimento, consentirebbe di migliorare notevolmente le proprie strategie e il raggiungimento degli obiettivi.

D’altra parte, se in programmazione web lavorando sul lato server abbiamo un miglior controllo del lato client, perché lo stesso principio non dovrebbe valere anche per il content marketing?

CATturata da memoQ

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di Daniela Corrado

Nelle ultime settimane, CATturata da memoQ, ho deciso di scaricarne la versione di prova. Ovviamente sto ancora imparando ad usarlo, ma mi piace molto perché lo trovo un programma estremamente intuitivo, e perciò adatto a chi vuole iniziare ad utilizzare i CAT.

In attesa di approfondirne meglio gli aspetti tecnici, ho trovato un utilissimo Gruppo Yahoo (solo in inglese) dove i traduttori possono sbizzarrirsi nel postare ogni tipo di dubbio e domanda su questo CAT, e una interessantissima pagina di Wikibooks  con una valida sezione “Tips and Tricks” (carinissima, tra l’altro, anche la “Whish List” in cui gli utenti possono aggiungere le migliorie che vorrebbero fossero realizzate sul software).

Inoltre, attendo con trepidazione il prossimo corso di Introduzione a memoQ (on line) che sarà decisivo nel convincermi se acquistare o meno il software in questione (dal momento che il corso dà anche diritto ad uno sconto sull’acquisto del 30%).

Ma cos’è e cosa fa esattamente un CAT tool? Un CAT tool, il cui nome sinceramente non ho ancora ben capito se derivi da Computer Assisted Translation o Computer Aided Translation (ma ormai non me lo chiedo neanche più!), è essenzialmente un software in grado di facilitare il processo traduttivo.

Che si traducano manuali, testi legali o finanziari, poco importa. Le parole e le tipologie di testi, si sa, in gran parte si ripetono. Non in maniera integrale, questo è ovvio (altrimenti un traduttore che ci sta a fare?), ma può capitare che i testi appartenenti allo stesso settore presentino delle somiglianze strutturali e terminologiche abbastanza evidenti, ed è qui che il CAT svolge la funzione di “aiuto” per cui è stato progettato. Apro una parentesi: la traduzione letteraria non è includibile in questo discorso. Alcuni traduttori letterari possiederanno di certo anche un CAT, ma dato che la narrazione e la poesia non sono “ripetibili” non credo che l’uso dei CAT giovi a molto per i traduttori che operano in questo campo, anzi semmai è il contrario.

Ad ogni modo, ritornando al discorso di prima, le componenti essenziali di un software di traduzione assistita sono: le memorie di traduzione, i database terminologici e l’editor di traduzione (nel caso di memoQ sono molto utili anche i corpora LiveDocs).

Non lasciatevi spaventare dalla tecnologia, perché normalmente il tutto è molto semplice e funziona così: il primo passo è creare un progetto di traduzione e caricare i file da tradurre (con memoQ è molto semplice perché c’è una procedura guidata che vi aiuta); una volta caricati i file, per iniziare a tradurre, bisogna cliccare sull’icona Translations e, nell’elenco dei documenti caricati, cliccare due volte sul nome del file che volete tradurre; ora, nel momento in cui si apre il file, l’editor si occupa automaticamente della formattazione del testo che (non vi spaventate!) viene diviso in segmenti (molto spesso un segmento corrisponde all’incirca a una frase); man mano che si procede con la traduzione, e un segmento viene tradotto e confermato (ricordatevi sempre di confermare!), esso viene aggiunto alla memoria di traduzione (TM), e così vada anche per i segmenti successivi.

La memoria di traduzione memorizza le coppie di segmenti (testo originale e versione tradotta) “riciclando” una traduzione nel caso in cui essa assomigli a quella di un nuovo segmento che si sta traducendo. Il suggerimento offerto dal software è utilissimo per recuperare i termini che abbiamo usato in precedenza e il contesto traduttivo in cui essi erano inseriti, permettendoci di fare un raffronto tra ciò che abbiamo già tradotto e ciò che ancora ci resta da tradurre.

Inutile dire quanto questo sia utile in caso di traduzioni molto lunghe o tecniche: uno strumento del genere, infatti, evita al traduttore di perdere tempo a ricercare frasi/parole già tradotte in precedenza.

Creando una TM si costruisce però un database di segmenti interi, non un glossario. Un CAT, tuttavia, ti permette anche di estrapolare i singoli termini dai vari segmenti e di costruire in questa maniera dei database terminologici personalizzati; oltre che di impostare le regole di segmentazione, autotraduzione, controllo di qualità, ecc.

Le memorie di traduzione e i database terminologici che creiamo mentre traduciamo possono essere riutilizzati nei nostri progetti di traduzione futuri, ne consegue un gran risparmio di tempo e energia!

Molti studenti confondono i software di traduzione assistita (CAT) con le così dette Machine Translation. Ecco, approfitto di questo post per fare chiarezza e dire che in realtà si tratta di due cose diversissime!!!! (Perdonate i numerosi punti esclamativi, ma è la meticolosità del traduttore che ogni tanto inevitabilmente straborda…)

La Machine Translation (Google Translate, per intenderci, ne è un esempio) opera delle traduzioni in modalità completamente automatica. I testi tradotti in questa maniera presentano di solito un numero molto elevato di errori e necessitano di un’accurata revisione prima di poter essere considerate affidabili e (scusate, ma devo proprio aggiungerlo) “leggibili”! I CAT, invece, non incidono affatto sull’autonomia delle scelte traduttive del traduttore, ma si limitano esclusivamente a proporre dei suggerimenti e possono essere considerati a tutti gli effetti come un’estensione tecnologica della memoria del traduttore; che non può sempre ricordarsi di tutto ciò che ha tradotto.

Chiunque abbia consigli/risorse/link/articoli e quant’altro su memoQ e voglia condividerli qui sul blog mi faccia sapere, anche in posta privata (l’indirizzo lo trovate qui nella sezione contatti).

È arrivato Glossarissimo!

Stefano Kalifire - Glossarissimo.di Daniela Corrado

Questo breve post è dedicato al neonato blog di wordpress Glossarissimo! Ideato e realizzato dai traduttori in ausilio ai traduttori, questo blog rappresenta un punto di riferimento importante per chiunque abbia bisogno di reperire velocemente delle indicazioni e delle risorse terminologiche inerenti a vari settori e/o combinazioni linguistiche.

Il progetto, partito già con Traduttore Cerca Aiuto, si amplia e prende sempre più consistenza grazie al suo autore Stefano KaliFire, e soprattutto grazie a tutti coloro che credono nella traduzione e nell’importanza della costruzione di pagine web come questa.

Nel blog, oltre ai glossari, sarà possibile consultare molte altre risorse, come ad esempio link, video, articoli, ecc., così come vari materiali utili per l’aggiornamento continuo nel campo della linguistica e della traduzione.

Tramite la funzione “search” si accede facilmente all’intero database. Ogni risorsa è taggata in modo da facilitarne la reperibilità; in particolare, per quel che riguarda la classificazione linguistica, è stata utilizzata la nomenclatura standard ISO 639.

Traduttore Cerca Aiuto e Glossarissimo! sono presenti anche sui social media (Facebook, Twitter e Scoop.it), anche se personalmente ho preferito iscrivermi direttamente al blog, così da essere informata in tempo reale del caricamento di nuove risorse.

Che altro dire? È un progetto utile e ambizioso che rappresenta un grande tesoro per tutti i traduttori!

Grazie Stefano da parte di tutti noi.

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