50 Shades of Grey: best seller dell’estate o serial killer della letteratura femminile?

50 Shades of Grey

di Angela Di Giorno

Ha venduto 40 milioni di copie in tutto il mondo, è il best seller britannico che ha venduto di più nel minor tempo (5,3 milioni di copie in 4 mesi, superando in questo primato la serie di Harry Potter). Il primo libro è uscito in Italia l’8 giugno (pubblicato da Mondadori e tradotto da Teresa Albanese) ed è diventato il fenomeno editoriale dell’estate, oltre che la più gettonata lettura sotto l’ombrellone, insieme agli altri due della trilogia usciti subito dopo. L’autrice E.L. James (pseudonimo Erika Leonard, londinese di 49 anni) è stata inserita dal Time nella lista dei 100 personaggi più influenti del pianeta!!!

La James ha iniziato a scrivere la storia nel 2009 “per puro divertimento” su un sito di fan fiction, ispirandosi ai protagonisti di Twilight. Poi sono nati i tre libri della trilogia sotto forma di e-book. Il passaparola sul web li ha resi famosi ancor prima della prima pubblicazione cartacea a cura della casa editrice australiana Writer’s Coffee Shop Publishing House. Sarà pure nata per divertimento, ma la storia di Christian Grey e Anastasia Steele ha fatto scalpore e ha reso la James ricca e famosa!!!

Erika Leonard

Perché? Mi sono chiesta un pomeriggio al mare, imbattendomi di continuo in donne assorte nella lettura o impegnate a scambiarsi impressioni su questo discusso caso da “classificone”. Ho spulciato con curiosità le recensioni e i commenti su internet: ho trovato pareri molto contrastanti. Tanti sono i consensi e i fans eccitati all’idea che presto inizieranno le riprese del film. In molti altri casi l’eccessività della storia ha suscitato indignazione, tanto che in Inghilterra qualcuno ha chiesto di bruciarne tutte le copie in circolazione perché molte scene nei libri ricordano le torture e le pratiche del serial killer di Gloucester Fred West (notizia di qualche giorno fa sul The Telegraph) 🙁 Altri invece si sono lasciati impressionare molto poco dalle scene erotiche ed hanno puntato il dito sulla banalità del tema e messo in dubbio il talento dell’autrice. Beppe Severgnini sul Corriere lo ha ribattezzato “50 sfumature di noia” 🙂

Insomma, c’è chi lo ama e chi lo odia. Perché?

Per definire il genere è stato coniato il termine “mummy-porn“. Mi ha fatto venire in mente gli Harmony che mia madre teneva nello scaffale chiuso della libreria. Alla fine mi sono fatta prestare la trilogia da un’amica. Sono a metà del secondo libro, “Cinquanta sfumature di nero”, aspetto di leggere anche il terzo per capire perché.

Riflessioni sulla scrittura di Luis Sepùlveda

di Daniela Corrado

Navigando sul web, mi sono imbattuta in una bellissima intervista allo scrittore cileno Luis Sepùlveda.

Da qui l’idea di condivederla con voi anche qui sul blog.

Il titolo dell’intervista è molto forte: “A cosa serve uno scrittore?”

.Ognuno avrà senz’altro la sua risposta a questa domanda…

Leggendo l’intervista mi sono ricordata di tutte quelle volte in cui ho avvertito schiacciante il peso delle parole nel tradurre.

Ad essere sincera questa cosa mi capita spesso. Mi capita quando mi si chiede di essere fedele ad un originale scritto male, quando le parole sono ambigue e il contesto non riesce a risolvere il dubbio, ma soprattutto mi capita quando devo tradurre i pensieri di un’altra persona (come ad esempio le testimonianze o cose così).

Sia Angela che io collaboriamo spesso con associazioni di volontariato che si occupano di temi inerenti al sociale, e spesso ci è capitato di doverci consultare a lungo su quale fosse la parola più adatta per esprimere una sensazione o un sentimento. Si potrà obiettare che anche quando traduciamo roba di veterinaria o archeologia ci scorniamo spesso su come rendere nella maniera più precisa possibile un determinato concetto. Spesso abbiamo idee diverse, ma poi arriviamo sempre ad una soluzione condivisa.

Ecco, questo non capita quasi mai con le parole che descrivono le emozioni. In quel caso ci attanaglia una sorta di ansia, di preoccupazione e sentiamo il peso delle parole degli altri nella scelta delle nostre.

A voi capita mai?

In questo caso, per rispondere alla domanda “a cosa serve uno scrittore?”, preferisco affidarmi alle parole di chi ha tradotto questa bellissima e intensa intervista a Sepùlveda, che dice:

.

“A volte le parole sono prive di senso, e se mai l’hanno avuto lo hanno perso per strada, ma io continuo a credere nella loro forza per mettere in ordine le cose, i fatti e, una volta in ordine, valutare se vanno bene così o se devono essere cambiati.”

Buona lettura!

A scuola di writing da Brian Clark

10 Steps to Becoming a Better Writer
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di Daniela Corrado

Il poster che ho pubblicato qui sopra, e che mi piaceva condividere con voi, è stato scritto e progettato da Brian Clark.

A questo punto, una domanda sorge spontanea: “Ma chi è Brian Clark?”

Bene. Anch’io ho avuto un po’ di difficoltà a rispondere.

Brian Clark è il CEO (Chief Executive Officer), in pratica l’amministratore delegato, e il fondatore di Copyblogger Media. Sulla pagina copyblogger.com si possono trovare informazioni interessanti su come ottimizzare traffico, link e followers del proprio blog su wordpress, imparando a sfruttare le infinite opportunità dei new media e dei “contenuti digitali”.

Interessante la distinzione che lui fa tra Content Marketing e Copywriting: dove, per Content Marketing intende il criterio di redazione di testi indirizzati al business; e per Copywriting, invece, la creazione di testi creativi atti a “far presa” su chi legge.

Imparare a leggere e redigere tipologie testuali varie, individuando gli elementi peculiari di un testo, è essenziale non solo per chi lavora nell’ambito della comunicazione, ma anche per chi di professione fa il traduttore.

Per questo è importante esercitarsi nell’arte della scrittura e scrivere sempre di più, anche quando, come dice Brian Clark, non ti va.

I traduttori Fruttero e Lucentini, nel  libro “I ferri del mestiere” (già citato in un altro post di questo blog), sottolineano l’importanza del così detto “esercizio di stile”; in particolare, della parodia: “E’ un vero peccato che nella scuola italiana la parodia non faccia parte dei normali strumenti d’insegnamento. In Francia è un esercizio obbligatorio, al pari del tema, del riassunto o della dissertazione; e Proust, tanto per fare un nome, continuò a praticarlo con gusto e profitto dopo essere uscito dai banchi. Mentre da noi, anche negli anni delle sfrenate dissacrazioni e dei rivoluzionari esperimenti, non venne in mente a nessuno d’introdurre ‘l’ora di parodia’[…]”.

Forse è questa la differenza reale tra traduttori e interpreti: il traduttore è immerso nel silenzio delle parole; l’interprete nella Babele dei suoni.

Ad ogni modo, mai mai mai stancarsi di scrivere (e leggere)! Ogni bravo traduttore lo sa, anche se spesso non lo dice, e questo è il primo segreto del suo successo professionale.

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