Lo sapevate che…?

lo-sapevate-che? Dopo le tristi vicende accadute oggi, in contemporanea al giuramento dei Ministri del Governo Letta, per alleggerire un pochino la giornata, eccovi un articoletto della linguista Licia Corbolante, pubblicato sul suo sito Terminologia etc – La scelta del genere di ministro.

Consiglio a tutti i nostri lettori di dare un’occhiata non solo all’articolo, ma all’intero sito (molto ben strutturato, complimenti Licia!) perché contiene materiali utili e interessanti, soprattutto per traduttori, localizzatori e copywriter.

L’articolo in questione, prendendo spunto dalle recenti dichiarazioni dei media, si interroga sulla scelta del genere della parola “ministro”. Quale sarà la scelta grammaticalmente corretta? Ministo e/o ministra? Ma, a sorpresa, spunta anche una terza opzione… Buona lettura!

La revisione come stile di vita: consigli pratici per traduttori e copywriter

Help Traduzioni - Revisione editoriale e traduzioni

di Daniela Corrado

In questo post affronterò in maniera molto personale, e certamente non esaustiva, la prassi della revisione, anche quella del curriculum vitae.  L’idea di intitolare l’articolo “La revisione come stile di vita” nasce da alcune e-mail (con immancabile CV in allegato) ricevute da giovani traduttori (a proposito, non siamo un’agenzia ma uno studio di freelance che lavorano in co-working!) in cui erano presenti refusi o -peggio- frasi leziose o sintatticamente piuttosto confuse.

Di solito, Angela ed io cerchiamo sempre di rispondere in maniera personalizzata a chi ci scrive, dando consigli basati sulle nostre esperienze personali che possano essere d’aiuto per proporsi in maniera adeguata e professionale ad agenzie, associazioni, case editrici, ecc. (a questo proposito, chi fosse interessato alla traduzione letteraria, trova sul blog l’articolo “Come fare per farsi prendere in considerazione dalle case editrici”). In quest’ottica, per l’appunto, scrivo il post che stai leggendo, provando a immaginare alcune FAQ sulla revisione (sai cos’è una FAQ, vero?) 😀

ATTENZIONE! Questo post vuole essere, da un lato, una sorta di risarcimento per chi ci ha scritto e non ha ancora avuto una risposta e, dall’altro, una riflessione (si spera utile a tutti, traduttori e non) sull’importanza di una buona revisione di ciò che si scrive (e quindi anche del proprio CV…)

Domanda nr. 1: Perché è così importante revisionare sempre ciò che si è scritto e/o tradotto?

La risposta è abbastanza semplice: una buona revisione serve a garantire l’accuratezza del prodotto che andiamo a consegnare. Nel caso specifico delle traduzioni, sarebbe bene che il revisore e il traduttore fossero due professionisti distinti in grado di lavorare in sinergia, ma quando ciò non avviene (come freelance spesso non si ha tempo/modo di contattare un collega per chiedere una revisione) io personalmente adotto la soluzione soprannominata “creare il giusto distacco dal testo”. In pratica lascio da parte la traduzione (già terminata) per qualche giorno (almeno una mezza giornata se i tempi sono proprio stringenti) e la rileggo, apportando eventuali correzioni soltanto dopo aver tassativamente rispettato il periodo di distanza coatta -fisica e mentale- dal testo.

L’abitudine di distaccarsi da ciò che si è scritto è molto utile: non solo permette di accettare meglio le critiche interiorizzandole in maniera costruttiva, ma aiuta anche a cambiare prospettiva e leggere i testi in un’ottica differente identificandone velocemente le criticità. Ad ogni modo, soprattutto nel caso di traduzioni tecnico-specialistiche, preferisco sempre consultare un revisore non linguista esperto della materia oggetto del testo.

Consiglio: nel caso in cui si invii un CV per proporsi come traduttore e/o revisore, è importante fare attenzione ai refusi. Che credibilità può avere, infatti, un traduttore che in una e-mail di 5-10 righe commette uno o più errori di grammatica, ortografia e sintassi? Rileggi sempre con attenzione, epura e semplifica, controlla la punteggiatura, gli accenti ed eventuali altri errori di battitura. Sempre!

Domanda nr. 2: Cosa si intende esattamente per revisione?

La risposta alla domanda è controversa. Si può intendere la semplice rilettura, la rilettura con riformulazione di alcune parti di testo o in alcuni casi anche la riscrittura (vedi la revisione delle traduzioni effettuate dai traduttori automatici…).

Per quel che riguarda la prima opzione, e un po’ anche la seconda, si rientra in ciò che considero una “revisione a lettura incrociata”: ovvero ho il testo di partenza,  in lingua originale, accanto alla traduzione effettuata e procedo nella rilettura attenta dei singoli segmenti, confrontandoli sempre con l’originale e verificando di volta in volta la validità delle scelte linguistiche effettuate.

A questa fase, personalmente, faccio seguire una revisione terminologico-lessicale e stilistica più marcata che sono solita chiamare “editing”.

L’editing ha come obiettivo quello di verificare la chiarezza, scorrevolezza, coesione e coerenza interna del testo. La soluzione del distacco, a cui accennavo prima, è utilissima in questa fase. Nell’editing, infatti, il testo su cui lavoriamo va considerato nella sua essenza, unicità, indipendenza, e non come la traduzione di qualcos’altro. Durante questa  revisione ho sempre accanto a me il testo in lingua originale, ma lo consulto solo se ho dei dubbi e delle perplessità che non sono ancora riuscita a chiarire del tutto, o se la formulazione finale per cui ho optato sembra troppo distante dal testo di partenza, così tanto da rischiare di inficiare il messaggio originale. Ci sono anche dei casi in cui, per motivi culturali o terminologico-lessicali, il messaggio originale non può essere trasposto e bisogna trovare soluzioni innovative. Solitamente questo problema lo affronto durante la fase traduttiva vera e propria, ma mi è anche capitato di doverlo risolvere durante l’editing, e devo dire che, a questo punto del lavoro, essendo più consapevole riguardo a testo e contesti di riferimento, e soprattutto a più stretto contatto col cliente, le soluzioni trovate si sono sempre rivelate maggiormente soddisfacenti rispetto alla prima scelta traduttiva.

La fase finale della revisione è quella che chiamo “proofreading”, in cui rivedo la punteggiatura ed eventuali refusi (soprattutto tipografici) che possono essermi sfuggiti nelle precedenti manipolazioni del testo.

Ognuno ha un suo metodo di revisione, e questo in sostanza è il mio (credo, tra l’altro, che sia abbastanza condiviso/condivisibile). A questo punto, se ti va, puoi confrontarlo con il tuo e scrivermi (mi piace il confronto!), elaborarne uno nuovo, oppure delegare la revisione a qualcun altro (attenzione però ai revisori con la “voluttà della penna rossa” – Permentiers, Springael, Troiano, Traduction, Adaptation & Editing Multilingue, p.49). Ad ogni modo, qualsiasi strada tu decida di prendere, ciò che conta di più per chi come noi lavora con le parole (traduttori, copywriter e compagnia bella..) è ricordarsi di revisionare sempre e comunque ciò che si scrive prima della consegna definitiva del testo (anche se si tratta di un semplice CV!) 🙂

Auguri di buona Pasqua: la ricetta della “schiacciata”

ricette-di-pasqua-tradizionali

di Daniela Corrado

Cari lettori e amici,

domani sarà Pasqua, e nel farvi i nostri auguri abbiamo preparato un post un po’ speciale…

Nei mesi scorsi ho avuto modo di collaborare con un’azienda per la creazione di un magazine che, purtroppo, a causa della crisi, non siamo riusciti a far partire. Forse siamo stati un po’ troppo prudenti, chissà, ma dar vita a un progetto ambizioso come quello che avevamo in mente ci è sembrato un vero azzardo di questi tempi.

Uno degli articoli su cui avevo iniziato a fare delle ricerche bibliografiche avrebbe avuto come oggetto, per l’appunto, la Pasqua; e in particolare un dolce: la “schiacciata pasquale”.

Ad essere sincera, nonostante le ricette abbondino sia in tv che sul web, non ho mai avuto modo di lavorare su questo tipo di testi; per cui, la scrittura di questo post, è anch’essa un azzardo, una sorta di esperimento in una direzione a me sconosciuta…

Come molti di voi già sapranno, pur non essendo pisane, Angela ed io viviamo “in quel di Pisa” da ormai qualche anno, e questo post è un regalo e un ringraziamento alla città che ci ha adottate dal punto di vista culturale, sociale, sentimentale e lavorativo. Grazie.

Sperando possa essere interessante e coinvolgente anche per chi non abita a Pisa e dintorni, vorrei condividere con voi l’esito delle mie ricerche sulla versione “pisana” di questo dolce, e lo faccio con questo post che trovate qui in basso.

Auguri di buona Pasqua a tutti! Un abbraccio di cuore da Pisa.

Alta o bassa che sia, come ogni anno, tra pochi giorni sarà Pasqua: uova di cioccolato, dolci, riti religiosi in ricordo della passione di Cristo e, come da tradizione, l’immancabile “benedizione delle uova”.

Tra i vari dolci tipici di questo periodo, c’è n’è uno in particolare, sfarzoso, elaborato, rinomato, che ormai in pochi sanno fare secondo l’antica ricetta: la schiacciata pasquale.

Su internet abbondano le varianti del caso: c’è chi nella schiacciata ci mette l’anice, o piuttosto il marsala o il vin dolce; c’è chi la prepara facendo tre impasti e chi, invece, ce ne aggiungerebbe anche un quarto e un quinto…

Ma la ricetta originale, come spesso avviene per le cose più antiche, si è persa nel tempo. L’arte culinaria, e la pasticceria in modo particolare, è fatta anche di creatività e sperimentazione; così, le varie modifiche apportate dalle nostre nonne e bisnonne alla ricetta, seguendo i gusti personali di ogni famiglia, hanno confuso le idee un po’ a tutti, dando a questo dolce una nota “dispettosa”. E in effetti la schiacciata pasquale, con tutte le fasi di lievitazione che comporta, è tutt’altro che semplice da realizzare, e di certo non è un dolce adatto per chi ha poca dimestichezza, ma tanta voglia di imparare, l’arte della pasticceria.

La prima ricetta documentabile è quella contenuta nel famoso libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi (1891), che è forse la prima trattazione gastronomica dell’Italia unita, in cui l’autore, pur intitolandola “stiacciata alla livornese”, accenna ad altre versioni e, in seguito alla spiegazione della ricetta, si premura di aggiungere: “Con questa ricetta, eseguita con accuratezza, le stiacciate alla livornese fatte in casa, se non avranno tutta la leggerezza di quelle del Burchi di Pisa, saranno in compenso più saporite e di ottimo gusto”.

L’affermazione di Artusi ci conferma con certezza che della schiacciata di Pasqua esisteva dunque una versione “pisana”.  Andando più a fondo nella ricerca, non sono riuscita a scovare la storia esatta di Serafino Burchi e della sua eventuale attività di bottegaio e pasticcere, a parte una breve citazione tratta dal “Corriere dell’Arno” del 28 gennaio 1877, in cui pare che il Burchi abbia partecipato, portando parte delle sue leccornie, alla Fiera al R Teatro dei Ravvivati.

E così, senza perdermi d’animo, determinata più che mai a recuperare una ricetta attendibile, e di indubbia provenienza pisana, non potendo più chiederla al grande Silvio Salza (che per altro, in realtà, aveva origini torinesi e solo nel 1924 si trasferì a Pisa con la ditta e la famiglia), sono riuscita invece a snidare e intervistare un allievo del pasticcere pisano Maurizio Lenzini; che alcuni ricorderanno senz’altro per la sua pasticceria a Porta a Lucca, in via Bianchi.

Il signor Francesco Ciacchini, attualmente titolare di un bar pasticceria in via San Iacopo che gestisce con amore e passione assieme alla compagna Valentina, mi ha raccontato di essere stato allievo del Lenzini, il quale a sua volta aveva imparato il mestiere di pasticcere dal suo babbo, dall’età di sedici anni circa fino alla chiamata al militare. Francesco ricorda il suo maestro come un uomo riservato, esigente e, a differenza di molti altri pasticceri, “mai avaro delle sue dosi”.

Avvicinandosi a una mensola della sua pasticceria e prendendo in mano un quadernetto che ha più di vent’anni, Francesco mi spiega pazientemente che la schiacciata di Pasqua: “è un prodotto che costa tanto lavoro perché ha una preparazione che può durare anche 50 ore. C’è il primo lievitino, che deve riposare almeno un giorno, poi si fa un secondo impasto, a cui si aggiungono altri ingredienti, che deve stare in posa almeno altre 20 ore, e infine il terzo passaggio, in cui si inseriscono gli ingredienti restanti e si lascia lievitare ancora, questa volta per un tempo variabile, si parla sempre di lievitazione naturale, prima di far rinvenire l’impasto e infornare”.

“La difficoltà di questo dolce”, aggiunge Francesco, “è data dalla sua lunga lievitazione che richiede un ambiente a temperature costanti di 28°-30° circa”.

Riassumendo il tutto, secondo la ricetta originale di Lenzini, la schiacciata di Pasqua si fa così:

Primo passo – Preparazione del lievito madre con farina, acqua e lievito. Una volta fatto, l’impasto deve riposare circa 20 ore.

Secondo passo – Si aggiunge all’impasto un’altra mandata di farina e acqua e si rimette il tutto a lievitare per altre 20 ore.

Terzo passo – Si aggiunge altra farina, burro, uova, zucchero, sale rosolio di menta, malto, anice, aroma burro, latte di vecchia e un tappo di acqua di rose. Si fa lievitare l’impasto per un’altra oretta e poi si versa il tutto negli stampi. Dopo un’ulteriore lievitazione di circa 20 ore si procede ad infornare.

Le dosi precise degli ingredienti, si sa, i pasticceri son restii a darle, ma la pazienza, passione e tradizione che Francesco mette nella preparazione di questo dolce, portando avanti la storia dell’artigianato pisano, sono anche le doti essenziali che servono per portare avanti l’economia e la cultura di un paese, doti che -mi permetto di aggiungere- sono anche dei traduttori: pazienza nell’interpretazione e nella resa dei testi, passione per il proprio lavoro, e infine studio della tradizione, della letteratura e degli ipotesti di riferimento.

Fonti:

Luca Anselmi, “Aziende familiari di successo in Toscana”, Franco Angeli, Milano 1999
Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, L’Arte della Stampa, Firenze 1891
R.Lami e D. Sassetti, “Il teatro E. Rossi di Pisa e la sua storia”, Nuova Toscana Editrice, 2006 Firenze

Libri da leggere… un giochino

di Daniela Corrado

L’estate, o meglio la primavera, si avvicina e già pregusto le letture estive che farò sotto l’ombrellone! Mi si potrebbe obiettare che siamo ancora a marzo… Vero. Ma, quando si lavora tanto, si sogna sempre di avere il tempo per andare in vacanza. E guai a smettere di sognare.

E allora, dato che qui a Pisa, da dove scrivo, nonostante sia marzo piova in maniera ininterrotta da circa una settimana, in attesa/auspicio che arrivi Zefiro portando con sé il sole e il bel tempo che preannuncia l’estate, mi sono messa, come spesso si usa nelle “mezze stagioni”, a fare ordine e pulizia in casa, iniziando anche a buttar giù una piccola lista (in realtà si è pian piano allungata fino a diventare enorme!) di  libri e riviste che avrei voluto leggere durante l’inverno e invece, a causa di vari impegni, nella maggior parte dei casi non sono riuscita nemmeno ad aprire.

A questa lista vorrei aggiungere dei nuovi titoli (a proposito, si accettano consigli) e così, navigando sul web alla ricerca di idee, mi sono ritrovata sul sito dailyinfographic.com; dove, a proposito di libri, ho trovato un giochino carinissimo che sembra fare proprio al caso mio (preso dal sito teach.com).

Condivido volentieri questa scoperta anche qui sul blog, con tutti i lettori di Help Traduzioni, sperando possa far sognare e annusare anche a voi l’arietta estiva e vacanziera che tra pochi mesi ci aspetta.

Buona lettura e buon test!

Books To Read This Summer, via teach.com
Books To Read This Summer, via teach.com
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