TFA 2012: orizzonte scuola

Bambini con frutta e ortaggi

di Daniela Corrado

Di pari passo al delirio politico e culturale del nostro paese, continua anche il tam tam delle notizie legate al TFA (Tirocinio Formativo Attivo); la cui attivazione e svolgimento versano irrimediabilmente nel caos (o almeno qui a Pisa).

Dopo gli articoli pubblicati sul blog tra agosto e ottobre, a cura di Angela Di Giorno,

ci affidiamo, per continuare l’analisi e la riflessione su questo tema, all’esperienza e alle parole della collega Carlotta Cini, traduttrice e francesista, che nei giorni scorsi ha scritto un breve articolo a riguardo per “Il Tirreno” di Pisa:

Qui in basso, invece, trovate uno sfogo personale sull’argomento:

L’insegnamento, in particolare quello delle lingue straniere e delle materie scientifiche, è bisognoso di regolamentazione adeguata e risorse. Si parla sempre molto della scuola e della cultura, ma nell’ascoltare i discorsi e le riflessioni dei colleghi linguisti docenti percepisco soltanto amarezza e rassegnazione per il fatto che a questo gran “parlare” non seguano quasi mai azioni concrete di cambiamento.

Solo per fare un esempio, l’esser costretti a delegare l’insegnamento delle materie linguistiche nella scuola elementare a docenti, di certo preparatissimi, ma che non hanno un background linguistico solido e importante, fa sì che l’inglese, il francese, ecc. rimangano delle materie “liminari”, quando in altri paesi il valore attribuito all’insegnamento delle lingue straniere è fondamentale. Non mi riferisco solo a paesi fortemente industrializzati, ci sono realtà, anche in India, Sud America e Africa, dove si è compreso che la via dello sviluppo e della crescita di una nazione passa attraverso lo studio e l’apertura alle lingue straniere.

Tempo fa, ad esempio, mi è capitato di conoscere un giovane dottore di origine kenyana che esercita a Berlino. All’età di 30 anni circa, quest’uomo è in grado di parlare perfettamente tre lingue: il suo dialetto africano d’origine, l’inglese (che ha usato correntemente fin dall’adolescenza nel suo paese come lingua di studio) e il tedesco (lingua che ha appreso per lavorare). E se non basta, potrei portare ad esempio la testimonianza di un’amica peruviana che racconta della sua paura per gli esami d’inglese di fine anno alle scuole superiori, dal momento che da loro l’inglese è considerato una materia fondamentale, al pari della matematica e della letteratura.

Ecco, ogni volta che ascolto queste storie penso: “Seeeeee, da noi??? E quando mai!” Eppure, non vorrei dover pensare una cosa del genere del mio paese…

Gli articoli sul TFA che pubblichiamo, compreso quello di Carlotta, vanno in questa direzione: testimoniare per migliorare, e non per fare critica sterile ed inutile. Il caso di Pisa, infatti, è solo un esempio del caos nazionale che attanaglia questa questione.

Con forza e coraggio, avanti!

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