Quando il compenso di un traduttore era 1000 lire

di Angela Di Giorno

Google per l’anniversario della pubblicazione di Moby Dick (18 ottobre 1851)

Sono passati 161 anni dalla pubblicazione di Moby Dick di Herman Melville, capolavoro della letteratura americana al pari di La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne (1850), La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe (1852) e Foglie d’erba di Walt Whitman (1855), tutte opere coeve e appartenenti al cosiddetto American Romanticism.

compenso di un traduttore
Cesare Pavese

La prima traduzione in italiano di Moby Dick risale al 1932 ed è di Cesare Pavese. Nel 1930 Pavese si era laureato alla Facoltà di Lettere di Torino con una tesi “Sulla interpretazione della poesia di Walt Whitman” e subito dopo aveva iniziato l’attività di traduttore e insegnante di inglese per guadagnarsi da vivere. Per la traduzione del romanzo di Melville ricevette il compenso di 1000 lire.

A quanto corrisponde rispetto al compenso di un traduttore ai giorni nostri?

Ad un primo impatto il dettaglio mi ha impressionato, sebbene la cosa vada contestualizzata. E’ molto difficile fare un paragone con il compenso di un traduttore ai nostri giorni e stabilire che cifra fosse in quegli anni. Considerando che erano gli anni in cui Gilberto Mazzi cantava “Se potessi avere mille lire al mese“, forse corrispondevano ad uno stipendio mensile. Bisogna poi tenere presente che la legge sul diritto d’autore per le traduzioni letterarie (Legge n. 633, 22 aprile 1941) non esisteva ancora.

Compenso di un traduttore
La prima edizione di “Moby Dick o La balena” tradotta da Pavese

Gli anni ’30 sono stati molto prolifici dal punto di vista delle traduzioni: Pavese traduce A Portrait of the Artist as a Young Man di Joyce nel 1933 e Dedalus nel 1934, negli anni seguenti Moll Flanders di Defoe e David Copperfield di DickensElio Vittorini traduce Faulkner, Poe e Lawrence per Einaudi; e Lorenzo Gigli ci regala le versioni italiane di Huxley, Lewis, Priestly. La lista è ancora più lunga e ognuno meriterebbe un capitolo a parte (mi ripropongo di scrivere qualche altro post sull’argomento). La cosa che li accomuna è che fare questo mestiere in quel periodo storico comportava molte difficoltà.

I traduttori, e letterati in generale, svolgevano in gran parte il delicato ruolo culturale di reazione al fascismo e, per questo, si scontravano spesso con la censura del regime, che non vedeva di buon occhio la diffusione della narrativa americana considerata troppo “liberale”.  Scrittori del calibro di Pavese, Gadda e Vittorini guardano alla cultura anglofona e americana con interesse non solo letterario, con lo scopo di aprire il panorama culturale italiano alla modernità e ispirare la letteratura con temi di respiro più internazionale, ma anche politico-ideologico.

Tornando a Pavese, ecco come la pensava al riguardo:

Verso il 1930, quando il fascismo cominciava a essere ‘la speranza del mondo’, accadde ad alcuni giovani italiani di scoprire nei suoi libri l’America, una America pensosa e barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il passato del mondo, e insieme giovane, innocente. Per qualche anno questi giovani lessero tradussero e scrissero con una gioia di scoperta e di rivolta che indignò la cultura ufficiale, ma il successo fu tanto che costrinse il regime a tollerare, per salvare la faccia. […] Il regime tollerò a denti stretti, e stava intanto sulla breccia, sempre pronto a profittare di un passo falso, di una pagina più cruda, d’una bestemmia più diretta, per pigliarci sul fatto e menare la botta. Menò qualche botta, ma senza concludere. Il sapore di scandalo e di facile eresia che avvolgeva i nuovi libri e i loro argomenti, il furore di rivolta e di sincerità che anche i più sventati sentivano pulsare in quelle pagine tradotte, riuscirono irresistibili a un pubblico non ancora del tutto intontito dal conformismo e dall’accademia. […] Per molta gente l’incontro con Caldwell, Steinbeck, Saroyan, e perfino col vecchio Lewis, aperse il primo spiraglio di libertà, il primo sospetto che non tutto nella cultura del mondo finisse coi fasci.

Quando tradurre significava provare a combattere il conformismo e aspirare a togliere i limiti alla cultura. Quando il compenso di un traduttore era 1000 lire.

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