Google Translator, traduzione in francese e “Ségolène Royal”

di Daniela Corrado

Stamani, su Twitter, mi sono imbattuta in un tweet che, da traduttrice, non potevo non condividere qui sul blog. Si parla tanto di traduttori automatici, e in particolare di Google Translator, e della loro efficacia traduttiva. Ma, scusate tanto, vi è mai capitato di dover lavorare su una traduzione precedentemente tradotta con un traduttore automatico? Un disastro! Lessico, sintassi e grammatica in completo regime di anarchia. Forse si potrebbe utilizzarli in letteratura per creare un testo pieno di non sense, chissà…

Qualsiasi traduttore costretto a rimaneggiare una traduzione eseguita con un traduttore automatico sa, purtroppo, a cosa mi riferisco. Il problema principale, in casi come questo, è spiegare (e far capire) che avrei impiegato meno tempo a tradurre il testo direttamente dall’originale, piuttosto che rimettere le mani in maniera così pesante su una traduzione completamente “sballata”.

Dopo il caso eclatante del bando universitario, a cui avevo già accennato in un altro post, e le polemiche su alcuni degli apparati testuali dei giochi olimpici, entrambi palesemente tradotti con questo tipo di fantastica e avanzata tecnologia moderna che dovrebbe facilitare il nostro lavoro di traduttori, ecco spuntare fuori stamani il caso “Ségolène Royal”.

Sul sito Abondance Actualité, infatti, leggo: “si vous demandez à l’outil Google Traduction de traduire en français l’expression ‘boos massage’ (massage des seins, en anglais), la réponse est… ‘Ségolène Royal'”. L’articolo riporta una foto che testimonia la veridicità di quel che afferma.

Ovviamente l’incidente diplomatico è stato evitato, e ora cliccando sul link e provando a tradurre quanto sopra il risultato sarà: “massage seins”… un perfetto non sense.

Personalmente non sono totalmente a sfavore dei traduttori automatici. Usati come dizionari multilingue potrebbero anche essere utili all’utente medio che non ha voglia di comprarsi 10 diversi vocabolari tascabili per capire come si dice “auguri” o “ti amo” in tutte le lingue del mondo; ma, sinceramente, utilizzarli nelle traduzioni professionali pensando che un software sia veramente in grado di riconoscere e capire gli elementi di coerenza e coesione interni alle frasi e ai testi… beh, è davvero l’apoteosi estrema del non sense.

Il linguaggio e le lingue sono prodotti “umani” in continua evoluzione e cambiamento. Nei nostri discorsi, e in gran parte dei testi scritti che produciamo, questa “umanità” della lingua è espressa continuamente: in ogni punto, virgola, parola, suffisso, affisso, ecc. che decidiamo consapevolmente o no di utilizzare.

Pensare di insegnare “l’uso della lingua” a un software sa di fantascienza. Eppure ci si prova lo stesso. Se provate a digitare “ganzo” (tipica esperessione toscana) su Google Translator si otterrà “amant“, “lover“, ecc.

Bene, qualsiasi toscano potrà confermare che “ganzo” significa, a seconda dei contesti, cose diverse. Toscana di adozione, io, per esempio, lo uso spesso come sinonimo di “bello” o “figo”.

Cercare di migliorare i traduttori automatici prevedendo, ad esempio, una funzione che permetta eventualmente di accedere ad esempi contestualizzati, glossari, database terminologici, ecc. sarebbe una buona idea, utile sia agli utenti in genere che a noi traduttori. Si potrebbe anche prevedere una sorta di meccanismo simile a Wikipedia per cui gli utenti possano aggiornare autonomamente il sistema inserendo nuovi contenuti, termini e contesti e, come su IATE, altri ancora possono valutare e votare l’affidabilità o meno di quella traduzione tramite delle “stelline”, informando chi traduce del grado di attendibilità della traduzione proposta. Ecco, sinceramente, una cosa così la vedrei molto utile.

Chissà cosa ci riserva il futuro… Staremo a vedere. Nel frattempo, ahimé, dobbiamo assistere a casi come quello di “Ségolène Royal”.

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